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La formazione dell’ecclesiastico cantore prevedeva una conoscenza essenziale ma completa degli interventi di pertinenza dell’organo e le procedure da attuare nella celebrazione in canto fermo. Pur nella loro essenzialità — le fonti oggetto di questo studio non sono rivolte in via prioritaria agli organisti — le informazioni ricavate sono sufficienti a delineare un quadro esaustivo degli interventi organistici nell’ambito della celebrazione cattolica e ridanno un’idea sufficiente della prassi liturgica in atto, almeno nei centri cultuali di cui le fonti sono espressione diretta.
Alcune pagine del poderoso trattato di Giulio Cesare Marinelli ‘Via retta della voce corale’ (bologna 1671) possono essere prese in considerazione per il loro carattere emblematico circa il valore simbolico che nell’economia generale della celebrazione cattolica antica, riveste l’atto liturgico del canto corale in canto fermo. «Dell’unione de’ cantanti quanto al fine intento nel cantare in coro», tale espressione sintetizza efficacemente il contenuto del testoel Marinelli, che focalizza in modo schematico gli elementi simbolici che qualificano l’atto del cantare in coro e la funzione nei confronti degli uditori, i quali sono incitati alla pietas religiosa non solo dalla struttura del canto ma anche e soprattutto dalla espressività con cui è proferito il testo sacro
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